Anoressia e Bulimia
I disordini alimentari, di cui anoressia e bulimia nervosa sono le manifestazioni più note e frequenti, sono diventati nell’ultimo ventennio una vera e propria emergenza di salute mentale per gli effetti devastanti che hanno sulla salute e sulla vita di adolescenti e giovani adulti. Le associazioni mediche che si occupano di disordini alimentari non esitano a definirli una vera e propria epidemia che attraversa tutti gli strati sociali e le diverse etnie.
Se non trattati in tempi e con metodi adeguati, i disordini alimentari possono diventare una condizione permanente e nei casi gravi portare alla morte, che solitamente avviene per suicidio o per arresto cardiaco.
Anoressia e bulimia sono malattie complesse, determinate da condizioni di disagio psicologico ed emotivo, che quindi richiedono un trattamento sia del problema alimentare in sé che della sua natura psichica. L’obiettivo è quello di portare il paziente, attraverso trattamenti mirati a modificare i comportamenti e l’attitudine, a adottare soluzioni di gestione dei propri stress emotivi che non siano dannose per la propria salute e a ristabilire un equilibrato comportamento alimentare. Possono manifestarsi in persone di diverse età, sesso, provenienza sociale, ma sono solitamente più comuni in giovani donne in età compresa tra i 15 e i 25 anni.
Da cosa nasce un disordine alimentare?
Al centro del disordine alimentare, che si manifesta come malattia complessa, risultante dall’interazione di molteplici fattori biologici, genetici, ambientali, sociali, psicologici e psichiatrici, c’è comunque da parte del paziente una ossessiva sopravvalutazione dell’importanza della propria forma fisica, del proprio peso e corpo e una necessità di stabilire un controllo su di esso. Tra le ragioni che portano allo sviluppo di comportamenti anoressici e bulimici, si evidenziano, oltre a una componente di familiarità, l’influenza negativa da parte di altri componenti familiari e sociali, la sensazione di essere sottoposti a un eccesso di pressione e di aspettativa, o al contrario di essere fortemente trascurati dai propri genitori, il sentirsi oggetto di derisione per la propria forma fisica o di non poter raggiungere i risultati desiderati per problemi di peso e apparenza. Per alcune persone, si tratta di una tendenza autodistruttiva che le porta ad alterare il proprio comportamento alimentare o ad abusare di alcol o droghe.
L’anoressia e la bulimia però possono anche dipendere dal fatto che l’individuo subisca situazioni particolarmente traumatiche, come ad esempio violenze sessuali, drammi personali, comportamenti abusivi da parte di familiari o di persone esterne, difficoltà ad essere accettati socialmente e nella propria famiglia.
Uno dei motivi per cui una ragazza inizia a sottoporsi a una dieta eccessiva è la necessità di corrispondere a un canone estetico che premia la magrezza, anche nei suoi eccessi.
Secondo molti psichiatri, infatti, l’attuale propensione a prediligere un modello di bellezza femminile che esalta la magrezza ha conseguenze devastanti sui comportamenti alimentari di molte adolescenti.
Effetti fisici e psicologici
Gli effetti dei disordini alimentari sono molto pesanti, sia sotto il profilo fisico che quello psicologico. Dal punto di vista fisico, gli effetti della malnutrizione comportano ulcere intestinali e danni permanenti ai tessuti dell’apparato digerente, disidratazione, danneggiamento di gengive e denti, seri danni cardiaci, al fegato e ai reni, problemi al sistema nervoso, con difficoltà di concentrazione e di memorizzazione, danni al sistema osseo, con accresciuta probabilità di fratture e di osteoporosi, blocco della crescita, emorragie interne, ipotermia e ghiandole ingrossate.
Le ripercussioni psicologiche, invece, comportano depressione, basso livello di autostima, senso di vergogna e colpa, difficoltà a mantenere relazioni sociali e familiari, sbalzi di umore, tendenza a comportamenti maniacali, propensione al perfezionismo.
Anoressia nervosa
Una persona diventa anoressica quando, riducendo o interrompendo la propria consueta alimentazione, scende sotto l’85% del peso normale per la propria età, sesso e altezza. L’anoressia è conseguente al rifiuto ad assumere cibo, determinato da una intensa paura di acquistare peso o diventare grassi, anche quando si è sottopeso. Spesso, una persona anoressica comincia con l’evitare tutti i cibi ritenuti grassi e a concentrarsi su alimenti ‘sani’ e poco calorici, con una attenzione ossessiva al contenuto calorico e alla composizione dei cibi e alla bilancia. Frequentemente i pasti vengono evitati o consumati con estrema lentezza, rimuginando a lungo su ogni boccone ingerito.
Il corpo viene percepito e vissuto in modo alterato, con un eccesso di attenzione alla forma e con il rifiuto frequente ad ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso. Diagnosticare l’anoressia non è sempre semplice in soggetti molto giovani, perché i cambiamenti fisici che accompagnano l’adolescenza e che comportano squilibri di peso e altezza possono mascherarne le prime fasi. Nei bambini, è più comune che l’anoressia si manifesti attraverso altri sintomi, come la nausea e il sentimento di non fame. Nelle ragazze, invece, uno dei sintomi più classici è l’interruzione del ciclo mestruale per almeno tre mesi successivi, sintomo che però non si applica a giovani adolescenti che ancora non abbiano avuto il menarca o, al contrario, alle ragazze che prendono la pillola anticoncezionale.
L’anoressia si manifesta in due modi:
● con restrizioni, determinata dalla riduzione costante della quantità di alimenti ingeriti.
● con abbuffate e successiva eliminazione: alimentazione compulsiva seguita da vomito autoindotto, uso inappropriato di pillole lassative e diuretiche, iper-attività fisica per perdere peso.
La persona anoressica diventa così ossessionata dal cibo che la propria vita finisce con l’essere totalmente incentrata sulla questione alimentare, impedendo di provare interesse e entusiasmo verso qualsiasi altra cosa.
Bulimia Nervosa
Una persona bulimica si abbuffa in modo molto diverso da quello che avviene quando normalmente si mangia troppo. Le caratteristiche tipiche del comportamento bulimico sono:
● ingestione di una quantità eccessiva di cibo, a volte per un totale di diverse migliaia di calorie, in un arco di tempo molto stretto, per esempio nel giro di due ore, e solitamente di nascosto da altri
● la sensazione di non poter smettere di mangiare e di non poter controllare il proprio comportamento
● l’abbuffata è preceduta e seguita da uno stress emotivo molto forte
Dopo aver mangiato in modo così eccessivo, la persona bulimica generalmente si sente in colpa e tende a punirsi vomitando, ingerendo pillole diuretiche e lassativi con l’intento di dimagrire. Se questo comportamento diventa ripetitivo, ad esempio si manifesta due volte alla settimana per tre mesi, si è di fronte a un chiaro segnale di disordine alimentare. Raramente, i pazienti bulimici non si infliggono alcuna punizione.
A lungo andare, un soggetto bulimico entra in una fase di depressione e di disgusto verso se stesso e cerca di
occultare il proprio comportamento agli altri, anche se la propria forma e apparenza fisica finiscono con il diventare una ossessione permanente e con l’avere forti ripercussioni sulla propria autostima.
Una persona bulimica può essere di peso normale, sottopeso o sovrappeso, diversamente da una anoressica che è sempre sotto peso. Inoltre, il peso di un soggetto bulimico può variare enormemente e oscillare, fatto che può essere utilizzato come sintomo dell’esistenza di un disordine alimentare.
Oltre all’anoressia e alla bulimia, esiste anche un genere di disordine alimentare non definito. Non tutti i casi sono infatti esattamente descrivibili nell’arco dei sintomi tipici di anoressia e bulimia. Alcuni soggetti, ad esempio, iniziano con una forma di anoressia ma poi, incapaci di mantenere il basso peso, scivolano verso comportamenti bulimici. Secondo l’American Psychiatric Association, la metà dei pazienti anoressici finiscono con l’avere anche sintomi di bulimia, e in qualche caso i pazienti bulimici sviluppano comportamenti anoressici.
I disturbi alimentari nascondono spesso dietro a comportamenti distorti rispetto a peso, cibo e corpo, profondi disagi di tipo “evolutivo / esistenziale”, che impediscono al soggetto di superare il momento di crisi e rendono estremamente facile la cronicizzazione del disturbo (più di un terzo dei casi totali).
Per questo motivo la terapia dei soggetti con DCA è una terapia lunga, in media 2 anni, polistrutturata (medici, psicologi/psicoterapeuti, nutrizionisti, educatori, terapeuti della famiglia), che si pone l’obiettivo di:
● ripristinare un ritmo biologico (idrosalino, nutrizionale, ritmo sonno veglia…) sufficiente a consentire un buon funzionamento psico-fisico (spesso i soggetti con DCA sono malnutriti al punto da mostrare gravi segni di depressione o gravi sintomi ossessivi) e a arginare i pericolosi effetti fisici dei sintomi alimentari (sia il digiuno che il vomito o i lassativi);
● creare un terreno di accoglienza e confronto sui disagi e le paure dei soggetti tale da facilitare il superamento del momento di crisi e l’acquisizione di nuovi e più funzionali stati cognitivi ed emotivi. Spesso la paura di non farcela a crescere, a vivere, a prendere decisioni rende queste persone bloccate e incapaci di fare altro che non sia mantenere i sintomi, pur soffrendone moltissimo.
● valutare e trattare eventuali altre patologie concomitanti, sia dal punto di vista fisico (facilmente questi soggetti soffrono di disturbi gastrointestinali e endocrinologici, in parte causati dal disturbo alimentare) che da quello psicologico (depressione, abuso di sostanze, disturbi di personalità
● facilitare quanto possibile le risorse interne al nucleo familiare, sia genitori e fratelli che compagni, in modo da consentire una buona empatia ed una buona complicità verso l’obiettivo comune del miglioramento (questo è solitamente un punto molto delicato, dal momento che le dinamiche familiari possono avere di per sè un ruolo nello sviluppo e nel mantenimento dei disturbi alimentari).
La psicoterapia dei disturbi alimentari
Riguardo alle psicoterapie, è noto che gli approcci psicoterapeutici sono molti e spesso molto diversi tra loro, sia per tipo di lavoro proposto che per durata.
Andando al di là delle teorie di base l’obiettivo del trattamento dovrebbe sempre essere quello di consentire al cliente di trarre dal lavoro psicologico le risorse per “sciogliere” i sintomi ed il malessere, imparando un modo di affrontare la realtà e di leggere sè stesso più costruttivo e più adeguato.
In passato sono stati proposti interventi non focalizzati sui sintomi, interventi comportamentali focalizzati sui sintomi, interventi focalizzati sul sistema famiglia.
Concludendo, bisogna sottolineare come un approccio integrato possa prevedere l’utilizzo di diversi tipi di interventi si trattamento nei diversi momenti di malattia; ad esempio l’alimentazione meccanica (intervento di tipo comportamentale puro che tratta il cibo come un farmaco stabilendo rigidamente cosa, come e quanto mangiare) ha molto senso nei primi momenti di terapia, quando i sintomi sono così forti da mettere a rischio al vita del paziente o compromettere la sua capacità di partecipare in modo attivo alle cure. In concomitanza, le tecniche comportamentali dovrebbero essere affiancate da interventi più specifici sui nuclei psicopatologici.
Il modello cognitivo comportamentale
Il trattamento dell’anoressia nervosa dura normalmente da uno a due anni, le consulenze psicologiche mirano a:
1.costruire un rapporto di fiducia;
2.modificare i pensieri disfunzionali relativi al cibo e al peso e allargare il focus dell’intervento sul deficit del concetto di sé e sulle relazioni familiari e interpersonali disturbate;
3.prevenire le ricadute e preparare la conclusione del percorso d’aiuto.
Se gli obiettivi riguardanti il peso sono raggiunti, divengono prioritarie le problematiche personali e interpersonali identificate con il soggetto.
Se gli obiettivi del peso non sono raggiunti allora:
1.si rivedono le implicazioni pratiche;
2.si riprende l’intervento motivazionale;
3.viene introdotto il problem solving per aiutare la paziente a raggiungere gli obiettivi di peso e di alimentazione previsti.
Trattamento cognitivo-comportamentale della Bulimia Nervosa
II trattamento della BN è stato sviluppato da Fairburn nell’ottica di erodere gradualmente i fattori implicati nel mantenimento della malattia attraverso tre strategie generali:
1: normalizzare il comportamento alimentare della paziente;
2: ridurre l’importanza che la paziente affida al peso e alle forme corporee per valutare se stessa;
3: modificare alcune distorsioni cognitive generali come il perfezionismo, il pensiero dicotomico e la vantazione negativa di sè.
Il trattamento è condotto in studio in 10 sedute che si svolgono in 10 settimane; ogni incontro ha durata di 50 minuti. Il programma è strutturato in tre fasi.
Nella prima fase, oltre alla presentazione del modello cognitivo di mantenimento della bulimia nervosa, si utilizzano tecniche comportamentali per sostituire le abbuffate con un pattern regolare di alimentazione.
Nella seconda fase viene eliminata completamente la restrizione alimentare e implementato un intervento cognitivo per modificare le distorsioni cognitive (pensieri e attitudini problematiche o disfunzionali) che mantengono il disturbo.
Nella terza fase l’enfasi viene posta soprattutto sul mantenimento del cambiamento e sulla prevenzione delle ricadute.
Trattamento cognitivo-comportamentale del Disturbo da Alimentazione Incontrollata
I soggetti con DAI si differenziano dai soggetti con BN per:
● obiettivi diversi (nei pz con DAI la motivazione maggiore è la perdita di peso non l’ eliminazione delle abbuffate);
● diverso comportamento alimentare (mostrano bassi livelli di restrizione alimentare e non utilizzano altre condotte compensatorie);
● minori distorsioni cognitive.